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illustrazione Elena Orlando

Cosa resta a Biella dopo la “centrifuga” Zero Calcare?

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Zero Calcare si è fermato agli Orsi (o forse da Acqua e Sapone in Corso Europa). Nemmeno il tempo di dare una “snasata” alla città che già Biella si è completamente dimenticata del fumettista romano autore della serie TV Strappare lungo i bordi, prodotta da Netflix.

Abbiamo volutamente lasciato passare qualche settimana in modo da fare sedimentare la cosa. Da Piedicavallo a Callabiana passando per i peggiori bar di Borriana, tutti hanno avuto modo di vedere la serie.

Per i pochi che se la sono persa – praticamente uno sparuto gruppo sparso tra Camandona e Mezzana Mortigliengo senza la banda larga –  facciamo un breve riassunto.

In Strappare lungo i bordi Alice, una ragazza biellese amica del romanissimo protagonista Zero, se ne va da Biella per studiare nella Capitale. Purtroppo il suo sogno di diventare insegnante si infrange contro la difficoltà a raggiungere l’indipendenza economica, alcune storie d’amore sbagliate e le incomprensioni con gli amici che un po’ la lasciano nel suo brodo. Torna quindi a Biella dai genitori, unico porto sicuro che le è rimasto. Prova a ricostruirsi una vita dandosi alla boxe per sfogare la propria rabbia repressa, mentre continua a raccontare favole ai bambini. Tutto questo non basta e non ce la fa…


In tanti, forse troppi, hanno voluto commentare. Abbiamo ascoltato un sacco di voci, dalla politica di ogni colore al parroco sino al giovane industriale (quello anziano l’ha nen temp da perdi). I giornali locali hanno riempito le pagine con qualcosa di diverso dal solito per alcune edizioni e poi è finito tutto lì. 


Un corale risveglio di orgoglio indignato a difesa del territorio infangato da un fumettista romano che non ha mai mangiato la polenta concia ad Oropa. Lesa maestà! Il diritto di criticare Biella e i biellesi è un privilegio che può avere solo chi, sotto il Mucrone, ci è nato. Gente che sosteneva che la serie si capisce solo con i sottotitoli, che Alice poteva essere di Vercelli, che Biella non è fuori dal mondo (?).


Nel mentre un tizio si è presentato con un braccio finto all’hub vaccinale di Via Carso (finendo da Giletti a godersi i suoi quindici minuti di notorietà), c’è chi si è presentato alla Motorizzazione in auto prima di fare l’esame della patente e hanno aperto il villaggio di Natale al Duomo. Come sempre è finito tutto a chiacchiere e Vin Brulé, in attesa del prossimo scandalo. 

Per noi che lavoriamo ogni giorno per abbellire e valorizzare il biellese non è così. Siamo convinti che a Zero Calcare di Biella fregasse davvero poco o nulla. Per l’ambientazione serviva un posto di provincia, dimenticato da Dio e dagli uomini, dove le statistiche dei suicidi fossero abbastanza impietose. I cancelletti e le telecamere sul ponte della Tangenziale sono lì a dimostrarcelo, no? 

Contestualizzando, la storia di Alice potrebbe essere la storia di tanti. Di tutti coloro che magari si sentivano non valorizzati dai soliti “giri ” biellesi (lo sanno anche i cubetti di via Italia che funziona così) e hanno provato a strappare un po’ più in là. Quando sono tornati, oltre a sopportare un proprio fallimento personale, hanno trovato una città ancora più fragile e ripiegata in sé stessa.

Se ne sono andati anni fa con una littorina a diesel e tornano con treni non ancora elettrificati. Ai tempi andavano al Palazzetto a vedere i playoff della serie A1 di pallacanestro ora la squadra arranca in A2 per mancanza di sponsor che ci credano davvero. Una città non in grado di farsi assegnare i fondi europei per il rilancio, con un ascensore al posto della funicolare e che non sa più nemmeno ridere di sé stessa (la chiusura della pagina satirica LBCP ne è la lampante conferma, ne abbiamo parlato qui). Hanno trovato posto in una fabbrica dove gli impiegati più anziani utilizzano ancora la macchina da scrivere dell’Olivetti. Sfido chiunque a non piombare nella tristezza esistenziale. 

In tutta questa vicenda una delle poche cose sensate che abbiamo letto viene dalla pagina Facebook satirica L’articolato sistema di valori del pensionato Biellese. Riportiamo di seguito la conclusione del ragionamento del Celso (consorte della Ester):

D’ogni modo ho chiesto a mia nipote perché erano tutti così invirbiti. Non è che è salito sulla funicolare un giorno che si è fermata e ci è rimasto male? E lei: ma no, ha fatto dei disegni bellissimi del Piazzo, ma belli che ti vien voglia di andarlo a vedere, mentre contava il pezzo della storia che capitava a Bièla. E mi ha fatto vedere i quadri. Adès, a parte che quando si disegna lui, perché nella störia c’è proprio lui, questo masnà si fa tutto magro che mentre che è a Bièla poteva anche mangiarsi una polenta e cervo. E a parte che va sempre in giro con una bestia strana ch’as ciama madillo. Fuma finta ’d gnenti e pensuma a ’na röba: questo cine dove c’è Bièla dentro disegnata così bene, l’han vista in mezzo mondo, meracu fin-a ’nt la Merica. L’an fane una pubblicità che se la devi pagare t’è da vendi ’l Mucrùn. E noi stiamo facendo grane perché non finisce come il biutiful che guarda la Ester con due che si mariano? Sarà il virus, sarà ch’as lamentuma sempi. Ma m’asmia che suma nen a pòst…

T’è propi rasun Celso, suma nen a pòst!

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