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Female activist with gas mask walking on landfill, large pile of waste by sea, shoreline or beach, environmental concept and eco activism.

Fast fashion e rifiuti tessili: problema o opportunità?

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Partiamo con un momento nostalgia, di quelli belli pesanti, da veri biellesi doc ancorati al passato glorioso della Manchester d’Italia che fu. 

Sono passati i tempi in cui sull’abbigliamento si investiva all’inizio e poi non ci si pensava più. Il made in Biella di qualità faceva durare un maglione dieci o più anni e un cappotto si avvicinava ai diamanti, era quasi per sempre.

Ora non è più così. La vera qualità costa parecchio, davvero come un De Beers. Le fibre nobili sono per pochi perché i grandi marchi sono diventati un settore di super lusso. Nel tempo hanno adottato strategie sempre più orientate a differenziarsi e a farsi pagare molto caro qualsiasi cosa. Con connesse imitazioni tarocche di dubbia qualità e fattura, la tristezza del voglio lo stesso mostrare una griffe anche se non posso permettermi l’originale.

Per tantissimi altri invece il giochino della moda è cambiato in modo radicale. Si acquistano sempre più spesso vestiti in gran quantità, a prezzo molto basso, pur di poterli ruotare spesso. Il successo di portali come Shein sta lì a dimostrarlo.

Ora, tutto questo si porta dietro un problema enorme. I capi del cd. fast fashion sono spesso realizzati con materiali sintetici come il poliestere. Se li si butta nella spazzatura in modo non adeguato oppure li si smaltisce male è davvero un casino. Durante la decomposizione i capi rilasciano sostanze tossiche e microplastiche. Se i rifiuti vengono bruciati, inoltre, rilasciano gas inquinanti e danneggiano il clima.

Anche se vige un obbligo europeo di differenziare i rifiuti tessili c’è molta confusione in materia di smaltimento – spesso realizzato in paesi in via di sviluppo con metodologie molto dannose per l’ambiente e per il clima. Cavoli loro, alcuni penseranno. In realtà in un mondo globalizzato se si bruciano tonnellate di rifiuti tossici in Africa o Asia poi grandina a pallettoni sulla macchina nuova parcheggiata a Camburzano. Understand?

Da più parti sono stati sollevati dubbi anche sui bidoni che si trovano per strada. Spesso il logo di una onlus o di un’associazione caritatevole può essere usato come elemento di marketing. Una parte dei ricavi va effettivamente in beneficenza, ma l’attività di chi gestisce lo smaltimento è a scopo di lucro, senza sufficiente trasparenza (in poche parole non sappiamo con esattezza che fine fanno i vestiti a “fine corsa” che buttiamo nella campana).

Quindi che fare? Se il fast fashion può essere un divertimento nel momento dell’acquisto lo può diventare anche dopo. 

Si possono vendere, scambiare, barattare i capi usati riutilizzabili. Quello che io non uso più può essere utile per qualcun altro. Ecco allora che spuntano portali dove fare tutto ciò – Vinted è il più famoso e pubblicizzato – piuttosto che veri e propri mercatini o luoghi per scambiare abiti e accessori.

Con un occhio poi alla carità – quella vera – perché non informarsi sulle associazioni – tipo Caritas – che raccolgono direttamente sul territorio i capi ancora in buono stato per darli ai più bisognosi?

Possiamo anche pensare a un riutilizzo casalingo, rammendando dove si può rammendare, oppure trasformare in altro i pezzi di tessuto dei nostri abiti quando non ci sono altre soluzioni (stracci per la polvere, imbottiture, cuciti come rivestimenti per la cuccia del cane ecc.).

Nel nostro piccolo noi di Feltyde- Fulci.it vogliamo contribuire alla causa e non generare nuovi rifiuti. Abbiamo quindi creato una sezione low-cost del sito dove potete trovare “Tutto a un Euro”. Lì si possono trovare una serie di t-shirt molto divertenti, a sorpresa, per la vostra voglia di fast fashion. Per noi sono rimanenze di seconda scelta, per voi possono essere davvero risorse e farvi svoltare l’estate al prezzo di una monetina. 

Con questi pochi consigli non vi faremo di certo tornare ai tempi del maglione che durava dieci anni, speriamo comunque di avervi trasmesso un minimo di curiosità e avervi sensibilizzato sul tema. Va bene sostituire le bottigliette con la borraccia, ma molto spesso non ci accorgiamo che la plastica ce l’abbiamo addosso ogni giorno. 

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